Negli ultimi tempi si è molto sentito parlare di token non fungibili, ovvero una sequenza di BIT univoca registrata sulla blockchain, il rinomato libro mastro digitale decentralizzato capace di documentare le transazioni.

È allora interessante scoprire la loro natura e il loro funzionamento. Lo abbiamo fatto con la collaborazione di Daniele Marinelli, imprenditore appassionato di nuove tecnologie ed ideatore del token DT Coin.

I non-fungible token (NFT): cosa sono

I token non fungibili sono asset digitali che circolano su blockchain e la loro principale caratteristica è l’infungibilità. Tale tipologia di token, infatti,  sono unici: non possono essere modificati, rimossi o distrutti 

Si precisa, altresì, per dimostrare il proprio diritto sul bene acquistato mediante criptovalute si esibirà uno smart contract.

Dunque, il procedimento consta dei seguenti passaggi: si salva un’opera in formato digitale, che si traduce in linguaggio informatico. In tal modo si ottiene il codice hash del blocco su blockchain relativo alla nostra opera digitale che ne garantisce l’immutabilità.

I risvolti giuridici

Da un punto di vista legale sono diversi gli aspetti controversi che ruotano intorno agli NFT. Tra i temi più caldi vi sono le questioni di proprietà intellettuale, questioni contrattuali, diritti di pubblicità e di tutela del consumatore.

Invero, in tema di normativa sulla proprietà intellettuale e sui diritti di privativa, vi sono due orientamenti. Una prima tesi rileva che gli NFT dovrebbero comportare, in capo al titolare dell’opera, un diritto di privativa; la seconda, invece, sostiene che gli NFT non abbiano alcuna rilevanza dal punto di vista del diritto d’autore ma che la proprietà dell’“originale digitale” debba essere considerata come un qualcosa di autonomo ed isolato rispetto a qualsiasi diritto d’autore

Altro aspetto da sviscerare attiene alla tutela del consumatore. Invero, la complessità e la vastità dell’argomento rendono difficile la sua comprensione, che non potrebbe essere riassunta in una guida. Si rischierebbe un’informativa frammentaria e incompleta. Anche l’articolo 52 del Codice del Consumo pone il problema del diritto di recesso, che, in questo caso, non potrebbe trovare applicazione giacché è la struttura stessa della blockchain che non permette un diritto del genere.

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La natura giuridica, altresì, crea un certo dibattito. L’interrogativo gira attorno alle figure del mero titolo rappresentativo di un bene, materiale o digitale ovvero un bene.

Infine, gli aspetti legati all’ambito fiscale. Completamente assente è, difatti, una normativa relativa all’IVA e alla contabilizzazione di movimenti e patrimoni. La mancanza di una precisa regolamentazione facilita la commissione di reati quali, ad esempio, il riciclaggio di denaro.