Ad oggi si assiste ad una grande diffusione di criptovalute e token. Strumenti intorno ai quali ruotano diverse discussioni legate agli aspetti civilistici, monetari e finanziari. Nel blog di Daniele Marinelli, imprenditore a capo di DT Socialize holding, abbiamo trovato l’interessante approfondimento di seguito condiviso, continuate a leggere.
Gli aspetti giuridici
Sembra ormai consolidata la qualificazione di criptovalute e token come beni giuridici, non essendo gli stessi né beni materiali-in quanto si tratta di sequenze numeriche-, né beni immateriali-atteso che nel nostro ordinamento giuridico i beni immateriali sono tipici e gli asset digitali non sono ricompresi tra quelli previsti dal legislatore.
Anche il tentativo di definire gli asset digitali come documenti informatici sulla base del CAD (Codice della Amministrazione digitale) è apparso invano.
Appare, dunque, che la definizione più appropriata per digital asset, quindi, è stata fornita da Eba, Bce ed Esma. Così, criptovalute e token sono rappresentazioni digitali di valore non emesse da Banche Centrali o autorità nazionali, utilizzate come mezzo di scambio o scopo di investimento.
Nemmeno può essere qualificata la criptovaluta come moneta di scambio.
La funzione
Ai sensi dell’art, 1.2 TUF, le criptovalute che abbiano una funzione di strumento di pagamento non sono strumenti finanziari, ma rientrano tra i prodotti finanziari quando costituiscono una forma di investimento di natura finanziaria. I casi in cui questo avviene sono stabiliti dalla Consob e sono nel caso in cui vi sia un impiego di capitale; una aspettativa di rendimento o l’assunzione di rischio.
Si precisa che laddove vi siano dei prodotti finanziari sarà applicata la normativa finanziaria concernente l’offerta al pubblico, il prospetto e così via.
Contrariamente a chi guarda con favore le Ico, vi è l’approccio conservativo da Google, Facebook e Twitter che entro il prossimo giugno renderanno definitivamente efficace l’annunciato divieto di pubblicità delle Ico sulle loro piattaforme.